An afternoon with Oscar Wilde











Ho sempre pensato che il Teatro fosse l’arte più moderna che esiste: l’evento artistico si verifica davanti ai nostri occhi come un miracolo. È un’arte tridimensionale e oggi, massacrati dalla virtualità delle immagini del piccolo schermo, dà emozioni nuove e inedite rispetto al passato”
-- Vincenzo Cerami





Grandi emozioni per me per la replica del 26 dicembre al Teatro Elfo Puccini di Milano per L'importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde, messo in scena con la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Uno spettacolo oramai collaudato, che mantiene però in assoluto la sua freschezza. Amando molto Wilde e soprattutto questo testo, avevo molte aspettative, nessuna è andata delusa. Dal posto in prima fila (complimenti al teatro Elfo che per alcune repliche ha proposto offerte decisamente convenienti) ho potuto godere di ogni espressione degli attori, davvero tutti eccezionali, dai protagonisti ai ruoli minori.

Messa in scena molto minimalista, costumi ed ambientazione  anni  20/30 e quindi spostata rispetto all'epoca originale, qualche incursione musicale anni '70 che però non era fuori luogo e anzi ha   divertito: sentire  Mr. Moncrieff e Mr. Worthing cantare I will survive avrebbe entusiasmato lo stesso Wilde.

La forza dell'opera è però sempre il testo, che con la sua modernità, ironia, divertimento, giochi di frasi, aforismi e colpi di scena  riesce a interessare e intrattenere (nel senso positivo del termine)  lo spettatore sia abituato a frequentare il teatro,  sia chi magari ha acquistato un biglietto per caso, per passare un pomeriggio diverso.

Non va dimenticato però che dietro all' apparente divertimento si  nasconde una delle più grandi critiche alle convenzioni sociali, a quell'ipocrisia della buona società che non esitò a condannare l'autore rovinandogli la vita. 

Grazie anche alla particolare bravura degli attori, che appositamente in alcuni momenti recitavano “sopra le righe” per sottolineare con maggior forza ed ironia il testo, il pubblico ne è uscito entusiasta, soprattutto i molti giovani presenti. Chissà che a qualcuno non venga in mente magari di leggersi il testo, decisamente affrontabile in inglese anche per chi non ha molta dimestichezza con la lingua.

Il fondale dell'ultimo atto, con una gigantografia dell'autore e la scritta “God save Oscar” dimostra che, a distanza di 100 anni, di Oscar Wilde abbiamo ancora grande bisogno.



Silvy


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