Cobra Kai: un regalo per cuori nostalgici
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Anche voi siete di quelli che credono che The Karate Kid sia un
film di culto e che abbia segnato un’epoca (nonché la nostra pre-adolescenza)?
Bene, io come voi, l’ho amato tantissimo, visto e rivisto, sono capace di
ripetere tutte le battute a memoria e ricordare gli stacchi musicali esattamente come con Dirty Dancing.
Innamoratissima di Ralph Macchio, con le sue foto ritagliate
dal Cioè e incollate nei diari segreti (quelli con la chiave attaccata al
lucchetto e le pagine profumate), una ragazzina con gli occhi a cuore di fronte
a questo ragazzino povero che si trasferisce in una nuova città e per
difendersi dai bulli ricchi e pericolosi impara il karate.
A distanza di anni (non li conterei) esce su Netflix Cobra
Kai la serie tv ispirata al film, che racconta i protagonisti nella loro vita
di oggi. Avevo timore a vederlo e nelle prime inquadrature, nelle prime
puntate, ho fatto molta fatica a orientarmi. Di certo Johnny e Daniel sono
cresciuti, sono invecchiati (bene, sicuramente, ma invecchiati) ma del resto lo
siamo anche noi, forse è questo il corto circuito che si attivato in me in quei
primi momenti. Cercavo il vecchio Daniel negli occhi di un signore imbolsito,
in giacca e cravatta, con l’andatura un po’ strana e i capelli impomatati. Mi
sembrava un estraneo. Mi sembrava altro da sé. Un vecchio amore che non vedi da
tanto e che nel ricordo è sempre uguale a se stesso, ma che poi incontri per
caso e stenti a riconoscere.
Solo il sorriso non tradisce mai e, anche in questo caso,
solo il sorriso e gli occhi ti restituiscono il ricordo. E’ successo anche con
Daniel San. Piano piano, molto lentamente, quel signore imbolsito ha perso un
po' di rigidità ed è diventato familiare, familiari i ricordi che rievocava, le
immagini, i suoni. Familiari i personaggi saggi che gli ruotano attorno, la sua
mamma splendida e iperprotettiva ancora oggi e il maestro Miyagi evocato con
tenerezza e vero affetto. E innegabile che io voglia bene a Daniel Larusso, è
innegabile quanto io sia patologicamente legata ai miei immaginari
cinematografici, ai miei amori platonici pre-adolescenziali (per quanto di
amori platonici cine/teatrali/romanzeschi e reali ne sia piena anche a
quarantadue anni suonati), ai miei ricordi condivisi, alla me di tanti anni fa,
alle sue paure, alle sue speranze. E’ innegabile che Daniel che indossa di
nuovo il suo karate gi bianco con il Bonsai ricamato e la sua fascia sulla
fronte è un colpo al cuore.
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E Johnny Lawrence? Johnny regge tutta la serie e ne è la rivelazione.
Finalmente conosciamo la storia dal suo punto di vista, dopo averlo facilmente
etichettato come ricco, antipatico e forse stupido, bello che non balla, noi
tutte a fare il tifo per il povero e dolce Danny. Eppure in questo caso le cose
si ribaltano, merito anche del fatto che anche noi siamo cresciute, parlo di
noi donne a cui da piccole piaceva il ragazzo gentile, inoffensivo e delicato e
adesso ci sembra di una noia inenarrabile. Johnny finalmente ha una storia con
dei contorni precisi, con dei dolori e delle malinconie vere, un vissuto
credibile, una voglia di riscatto quasi commovente. E ci convince. E ci diverte. Ed è questa la sua rivincita.
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Non siamo davanti ad un capolavoro. Cobra Kai ha moltissimi
difetti e non è nemmeno molto originale. Tutto il racconto che coinvolge gli adolescenti, i figli dei protagonisti e i loro amici
che si “combattono” la scena, la competizione tra le scuole di karate, i due
diversi approcci alla filosofia delle arti marziali è di una banalità mostruosa
ed è abbastanza prevedibile, non appassiona. E' pensata soprattutto per un
pubblico particolarmente giovane, ma non brilla di particolare genialità, almeno spero che questo pubblico abbia la voglia e la curiosità di
vedere il film originale.
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Cobra Kai è un tuffo nel passato, un regalo ai nostalgici e
agli amanti degli anni ’80. Un regalo a chi amava Daniel o Johnny (non potevi
non prendere posizione), a chi dopo la visione si iscrisse ad un corso di
karate, a chi ha provato nel soggiorno di casa a rifare una delle mosse insegnate al suo allievo dal
Maestro Miyagi (io sono un’esperta del calcio della gru,
voi?), a chi ha odiato con tutto il cuore Ali che, sapientemente, non compare
nella serie, ma è solo evocata, per ora (il mio odio per Ali e dunque per
l’attrice Elisabeth Shue fu poi confermato e rafforzato dal film Cocktail con
Tom Cruise, ma questa è un’altra storia), a chi spesso si ritrova a citare
pezzi di film, a chi si chiede ancora come si possa acchiappare una mosca con
le bacchette giapponesi. Perché Karate Kid non è solo un film sulle arti
marziali, non è solo “metti la cera, togli la cera”, ma è un mondo di ricordi,
un pezzo di cuore, un pezzo di vita di noi poveri nostalgici invecchiati (bene,
sicuramente, ma invecchiati).
Antonella Ciliberti
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