Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores






Valeria Golino - foto tratta dal sito MyMovies.it





“Starry, starry night

Paint your palette blue and grey

Look out on a summer's day

With eyes that know the darkness in my soul”

Vincent – Don Mclean




Avevo un po’ di timore verso questo film. Quando si tratta di disabilità ho sempre paura che venga raccontata con banalità e attraverso luoghi comuni. Almeno è questa la giustificazione che do a primo impatto al mio voler stare a distanza. Ma poi, pensandoci meglio e più a fondo, ho capito che la mia è paura di emozionarmi, è paura di aprire una piccola ferita, quel piccolo rimorso, quel non aver saputo fare di meglio e di più quando la disabilità l’ho incontrata da vicino.

Il timore poi mi è passato, si è trasformato in voglia assoluta di vedere questo film, di addentrarmi nel mio apparente distaccarmi. E quello che ho trovato, non è un film sulla disabilità, ma sull’incomunicabilità. E quella riguarda tutti. Riguarda tutti noi che non riusciamo a dire, che non riusciamo ad esprimere le nostre paure, le nostre ansie, i nostri desideri. Riguarda tutti noi che, pur avendo la facoltà di parola, non riusciamo ad immaginarcele scritte le parole, per poterle dire.

Vincent, il protagonista di Tutto il mio folle amore (uno straordinario Giulio Pranno), invece non sa esprimerle, ma sa visualizzarle e così, ha bisogno di una tastiera e di uno schermo per poter raccontarsi. Ha bisogno di schematicità, ma anche di libertà e spazio, ha bisogno di scoprire senza restrizioni, ha bisogno non di gabbie, non solo di routines quotidiane. Ha bisogno, come tutti, di non sentirsi prigioniero del suo disagio, ma di farne forza e unicità. Ma questo riguarda tutti. Tutti i protagonisti del film. Tutti noi.

Elena, sua madre, come lui deve affidare alla parola scritta le sue emozioni, le sue difficoltà quotidiane e il suo folle amore per il figlio, perché con le parole parlate non riesce, deve metterle nero su bianco perché diventino vive e presenti. E così scrive. Ma è una scrittura che deve restare anonima perché sia libera.

E Willy, il padre naturale di Vincent, la sua paura di essere genitore decide di affrontarla, dopo averla subita. Forse troppo tardi, forse no. E, stavolta, non si lascia spaventare da quello che trova e vede in Vincent. Non si lascia spaventare dall’apparente mancanza di dialogo, da quello sguardo sfuggente e mai occhi negli occhi che ben conosce chi ha a che fare con un certo tipo di disabilità. Affronta la vita e il suo nuovo rapporto con questo ragazzo di sedici anni, bello e pieno di vita, lo porta in giro con sé nelle sue avventure da “Modugno della Dalmazia”, con una leggerezza e libertà che forse mancava a Vincent, troppo costretto in una routine giornaliera unicamente tesa a “diventare normale”, a migliorare, a crescere e a smarcarsi dall’handicap, piena di aspettative e condizionata dal forte senso di protezione degli adulti.


Giulio Pranno e Claudio Santamaria 
Foto tratta dal sito: Comingsoon.it




Claudio Santamaria regala al suo personaggio Willy una sensibilità e una leggerezza straordinarie, una semplicità nella recitazione, un fluire che mi ha colpito per la naturalezza. Mai sopra le righe, nonostante il personaggio potesse richiederlo, pacato e molto emozionante, molto paterno: “Lo so che non mi merito niente, ma lui sta dormendo così tranquillo e io stanotte non ho paura di niente”. Straordinario.

Valeria Golino è un’Elena arrabbiata e cupa all’inizio, ma quello sguardo che amiamo tutti qui diventa dolcezza materna e simbiosi con questo figlio meraviglioso e unico. Una timidezza nell’esprimere le proprie paure, una forza nel difendere il figlio e salvaguardare la sua vita. È di Elena e Vincent la scena, i pochi istanti che mi hanno strappato il cuore e fatto lacrimare, un minuto soltanto e due parole che, per me, sono state il punto culminante.

E Diego Abatantuono, sornione e ironico, in splendida forma, dà voce e corpo a Mario, papà adottivo di Vincent, che ha trovato un canale comunicativo straordinario con suo figlio, la giusta leggerezza apparente che nasconde un amore straordinario, la pazienza enorme necessaria a vivere nel quotidiano e nel pratico la disabilità e che non è giusto nascondere ed alleggerire. Ha trovato un canale, una breccia, un modo per esserci senza imporre, accogliendo Vincent. Ed è esattamente questo che bisogna fare: aprire una breccia, uno spazio in cui entrare e cercarlo in punta di piedi.



Giulio Pranno e Claudio Santamaria 
Foto tratta dal sito: lettera43.it




Salvatores ci regala un film corale sulle fragilità, sul nostro desiderio di assecondare le aspettative altrui, sulle nostre gabbie. E lo fa portandoci in viaggio insieme a Victor e Willy, in spazi enormi, pieni di luce, di cielo, di personaggi circensi in mezzo ad apparenti deserti, di fuoco, di acqua, di roulotte e camper, pieni di citazioni cinematografiche, pieni di storie. Spazi di libertà, strade deserte ma piene di colori, strade che raccontano, che sono percorso anche emotivo e di crescita. I colori grigi e tenui dell’inizio. I blu e gli azzurri, gli ocra, i rossi che accompagnano l’evolversi del film e delle vite dei protagonisti.


Giulio Pranno e Claudio Santamaria
Foto tratta dal sito Cinemonitor.it




E poi la musica, meravigliosa la colonna sonora di Mauro Pagani. Convincente Claudio Santamaria che interpreta i successi di Modugno e straordinari i brani scelti per raccontare e puntellare una storia così intima e allo stesso tempo liberatoria. La dolcezza di Vincent di Don Mclean che lega indissolubilmente Elena, Vincent e Willy e il potere liberatorio di Next to me degli Imagine Dragons e quell’immagine di Vincent con le mani al cielo che sfreccia su una moto alle spalle di suo padre Willy.


“Oh, I always let you down

You’re shattered on the ground

But still I find you there,

Next to me”

Next to me, Imagine Dragons





Antonella Ciliberti



Trailer ufficiale

Sinossi e scheda del film

La colonna sonora del film su Spotify








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