ROCKIN' 1000 : NO BORDERS ON BOARD


  

Che “Un solo, grande rock show  può cambiare il mondo” lo avevamo già imparato dal professor  Schneebly (aka Jack Black, in “School of Rock”)e noi, incalliti sognatori, crediamo in questo comandamento divino con tutte le nostre forze.

Però Fabio Zaffagnini ci crede di più.

Non starò a descrivere il cursus honorum di Fabio, per quello c’è già wikipedia, ma sono sicura che il suo progetto più rivoluzionario e potente lo conosciate già.  


E’ ambizioso, Fabio. Non molla, ha un sogno e ci crede. Ha il coraggio di confidare in una visione e realizzarla: nel 2015, dopo 45000 euro raccolti con crowfunding e un anno speso a reclutare volontari, raduna mille musicisti nel parco più grande della sua città, Cesena, per suonare “Learn to Fly” dei Foo Fighters. La mission è chiedere a Dave Grohl, il leader della band, di venire a suonare proprio a Cesena. Difficile? Per gli altri forse, non per lui. I mille (350 chitarristi, 250 cantanti, 250 batteristi e 150 bassisti)eseguono, il video viene postato su youtube, milioni di contatti ammirano l’impresa di Fabio e i Suoi. Tra quei milioni anche il buon Dave, destinatario del messaggio, che non può sottrarsi all’invito. E come potrebbe? Il resto è storia.

Il progetto dei mille però funziona così bene, che non dare un futuro a questa impresa, sarebbe davvero un delitto. La macchina sembra quasi funzionare da sé… e i 1000 (sempre diversi, sempre reclutati su base volontaria) si esibiscono in varie date in Italia e in Europa, fino ad atterrare a Linate il 12 ottobre 2019.

Proprio a Linate potrò finalmente ascoltare anch’io il sogno di Fabio; ma non solo il suo. Potrò ascoltare più di mille musicisti suonare all’unisono pietre miliari della storia della musica, l’orchestra rock più grande al mondo; questa occasione proprio non posso farmela scappare. C’è stata una certa emozione anche nel comprare i biglietti, lo ammetto.

La location è davvero particolare: approfittando del programmato restyling dell’aeroporto di Linate, le piste d’atterraggio sono state completamente sgomberate per poter permettere agli strumentisti di sistemarsi adeguatamente in sezioni ordinate: chitarre batterie e bassi in seconda fila, mentre il proscenio è occupato da tastieristi, fiati e cantanti; il tutto governato da Alex Deschamps più che flessibile direttore d’orchestra. Dalla tribuna si riesce a godere di un’ottima  prospettiva, e il colpo d’occhio è incredibile. So che prenderò parte a qualcosa a cui non ho mai assistito prima.

Foto dal web

Ed è proprio “Learn to Fly” la prima canzone ad essere suonata dai mille.


Al primo colpo di batteria, alla prima nota, un’onda d’urto sonora mi assale; mi aggredisce all’inizio, ma in un secondo tempo mi avvolge. Incredibile. Mai ascoltata una cosa simile. Festeggiano le orecchie certo, nell’ascolto di qualcosa di completamente diverso da tutto, ma anche il cuore giubila: la scaletta è spettacolare. L’apertura con la già citata “Learn to Fly”, giusto tributo alla radice del progetto, dà la necessaria scarica di adrenalina iniziale e lascia poi il campo ad altri capolavori come “Jumpin’ Jack Flash”, “Killing in the name of”, “Fortunate son”. C’è anche spazio per “Uptown funk”, che mi trascina e mi coinvolge nonostante sia un brano relativamente giovane e con sonorità non strettamente rock.
Avete presente la potenza di “Smells like teen spirit”? Era suonata  da una band di tre elementi… figuratevi da mille!!      
Al riff iniziale di chitarra si sono alzati tutti dalle sedie, inclusa la signora più che settantenne seduta davanti a me. Chissà se Kurt se lo sarebbe mai immaginato….

                          Pic by Guido Moruzzi

Per la prima volta nella storia dello spettacolo, anche interpreti nostrani sono chiamati ad esibirsi con i 1000:  Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo non  sfigurano su questo palco:” Male di Miele” e “Ballata per la mia piccola Iena” fanno cantare anche i più ieratici tra il pubblico; i Subsonica non perdono il viziaccio di far ballare chiunque con “Tutti i miei sbagli” e “Nuova Ossessione”, persino anche l’ultimo spettatore appollaiato lassù in piccionaia.


                        Pic by Guido Moruzzi

Lo slogan di questa edizione del Rockin’ 1000 è No Borders, on Board: un’assonanza che rimanda al luogo fisico dove si svolge il concerto e all’intenzione della performance. In questo concerto più che in qualsiasi altro si riesce a capire concretamente quanto la musica abbatta confini di spazio e di tempo; riesca ad unirci e a farci ritrovare Uomini – contrariamente a quanto vorrebbe la nuova classe politica -, e ci accompagni in una condivisione di intenti  universali. Inutile dire  che “Space oddity” e “Another brick in the wall” performati da così tante mani, cuori, anime, raggiungono un’intensità tale da rimanere completamente spiazzati. L’emozione è talmente forte da tracimare in lacrime.
Forse il sogno di Fabio è proprio questo: portare chi ascolta nell’universo di chi suona e di chi scrive musica e testi, creando un continuum creativo e di intenti senza confini, senza barriere.
La serata finisce con un medley di brani dei Led Zeppelin e Jimi Hendrix; giusta chiusa per unire ancor più stretti il pubblico intero e i mille laggiù (il più giovane 4 anni, il più vecchio 71), lasciando tutti con la sensazione di aver tributato i giusti onori  al Dio del rock.

Fino alla prossima volta.

VK



P.s.: non perdetevi l’appuntamento del 2020, date e location ancora da svelare, ma potete seguire tutto sulle pagine social e sul sito di Rock in 1000. 
Ci vediamo là.


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