La mia vita con John F. Donovan


“La mia vita con John F. Donovan” è il nuovo film del giovane regista canadese Xavier Dolan, dopo “Juste la fin du monde” (2016), che si è aggiudicato il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes.

Prima opera di Dolan interamente girata in lingua inglese, “La mia vita con John F. Donovan” inizia nel 2006 a New York con il piccolo Rupert (la piccola e bravissima star Jacob Tremblay) che apprende una terribile notizia riguardante il suo idolo, John Donovan, proprio la mattina in cui doveva incontrarlo per la prima volta.

Facciamo immediatamente un salto temporale di 11 anni e andiamo a Praga, dove l’ormai 22enne Rupert (l’ipnotico Ben Schnetzer), rilascia un’intervista ad una scontrosa e scettica giornalista (interpretata dalla brava Thandie Newton) sul suo romanzo in cui racconta la vicenda di Donovan.

Qui iniziamo a conoscere questi due protagonisti: Rupert Turner, un bambino di 11 anni che vive in un paesino vicino Londra, e John Francis Donovan (il Jon Snow de “Il trono di Spade”, l’affascinante Kit Harington), giovane attore americano, famosissimo per aver interpretato un supereroe in un telefilm per ragazzi. All’apparenza sembrano molti distanti, in realtà c’è un filo che li lega. A cinque anni, Rupert, aiutato dalla mamma, scrive una lettera a Donovan, di cui è un grandissimo fan. La desiderata risposta arriva poco tempo dopo e da qui, di nascosto da tutti, Rupert intrattiene una corrispondenza con il giovane americano che durerà per ben sei anni.

John Donovan è l’attore del momento, ammirato e osannato da gran parte del pubblico, ma anche criticato da chi lo vede come il solito belloccio in grado soltanto di ammiccare alle telecamere. E’ in pole position per interpretare il ruolo di uno dei più importanti supereroi e tutti lo vogliono. Sembra vivere il classico “american dream”, ma ci sono delle ombre nella sua vita che non possono essere rivelate.

Le cose che hanno in comune Rupert e John sono molteplici: entrambi sono attori (o almeno uno lo è, l’altro lo diventerà), hanno qualcosa da nascondere e custodire gelosamente e un rapporto di amore e odio con la propria madre.

Sam, la mamma di Rupert (interpretata dall’elegante Natalie Portman), è un’ex attrice che, dopo il fallimento del suo matrimonio, decide di lasciare la carriera cinematografica e di trasferirsi in Inghilterra per permettere al figlio di stare più vicino a suo padre. Dalle varie discussioni, vediamo che Rupert considera sua madre una fallita che non vuole che il figlio intraprenda la sua stessa carriera. Ma grazie all’intervento dell’insegnante del bambino, capiamo invece che quello che prova per la madre è amore incondizionato.

Grace Donovan, madre di John (una magistrale Susan Sarandon), affoga nell’alcool i dispiaceri e le preoccupazioni per il figlio. Durante una cena in famiglia, avviene una lite furiosa dove il compagno di Grace rinfaccia al giovane tutti i problemi che ha causato alla madre. Ma è proprio da lei che John ritornerà nel momento del bisogno.

Purtroppo tutto quello che John sta piano piano costruendo crolla in un solo colpo quando cominciano a circolare rumours sul suo flirt (tenuto nascosto) con un collega e quando, durante un compito in classe, vengono rese pubbliche le lettere che il bambino e l’attore si sono scambiati negli ultimi 6 anni.

Lo scandalo che deriva da questa scoperta porterà a delle conseguenze e il prezzo da pagare per John sarà molto alto.

Questo nuovo film di Dolan (la cui idea nasce da una lettera che il regista scrisse a otto anni a Leonardo Di Caprio, senza avere mai ricevuto risposta) è una sorta di “esperimento americano”, visto soprattutto il cast tanto noto di Hollywood. Tra tutti i nomi già citati (ricordiamo anche i grandi Michael Gambon e Kathy Bates), spicca soprattutto il piccolo Jacob Tremblay, già ammirato in “Wonder”. La sua interpretazione è impeccabile e ci fa ricordare quando anche noi, bambini, impazzivamo davanti alla tv guardando i nostri idoli.

Troviamo tanti temi cari al cinema di Dolan: l’omosessualità, la mancanza di una figura paterna e il rapporto burrascoso, ma quasi morboso madre-figlio. Tutto ciò viene trattato con delicata maestria. Ci sono tanti primi piani silenziosi che esprimono più di mille parole (ad es. quando Grace Donovan osserva John e James nella vasca da bagno). Anche la colonna sonora assume un valore importante, quasi a rimarcare le emozioni degli stessi personaggi (la scena di Sam e Rupert che si ritrovano a Londra sulle note di “Stand by me” nella versione di Florence and the Machine è molto toccante).

Ma “La mia vita con John F. Donovan” è soprattutto una pesante denuncia nei confronti dell’industria cinematografica americana. Quell’industria ambivalente, fatta di luci accecanti, red carpet, flash, soldi e successo, ma composta anche da una certa tossicità, che travolge e corrode l’anima di chi è più sensibile.

La Ciamby



                                                      Ph. cinenauta.it

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